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  • Le vrasciole: una storia lunga millenni.

    La prima e opportuna precisazione che occorre fare è che vrasciola è un termine di origine calabrese per indicare la polpetta.
    Potrebbe sembrare scontato, ma spesso viene confusa con un taglio di carne che tutti conosciamo, ovvero la braciola.

    Vi starete chiedendo per quale motivo il nome risulta così simile, pur indicando un piatto completamente diverso. 
    La risposta è abbastanza semplice: il termine “braciola” sembra collegarsi alla brace, ovvero tizzoni ardenti che sin dall’antichità venivano utilizzati quotidianamente per cuocere diverse pietanze.

    In Calabria, la famosa “vrasciera” indica proprio il bracere sopra il quale si preparavano piatti di diverso genere, tra cui anche probabilmente le nostre vrasciole. Infine, è opportuno precisare come queste siano fritte nell’olio, mentre le “purpette”, pur essendo molto simili, si differenziano in quanto cotte in padella.

    Chiarita questa distinzione, per comprendere la storia delle polpette o “vrasciole” si deve addirittura far riferimento al 200 a.c, presso la dinastia Quin della Cina, ed era caratterizzato da un mix di carne di maiale, cipolla, zenzero e uova. Sembra errato quindi credere che sia un piatto tipicamente nostrano.

    Le prime testimonianze in area mediterranea risalgono al IV/V secolo, quando fu pubblicato da Marco Gavio Apicio in epoca romana il “De re Coquinaria”, diffondendo progressivamente ricette legate alla polpetta in tutto l’Impero e quindi in gran parte dell’Europa centro-occidentale. 

    Nonostante questo, il record di numero di preparazioni diverse per le polpette è detenuto dalla Turchia: oggi se ne contano ben 291 nelle varie regioni dell’Anatolia. 
    Inoltre, se nel Sud Europa la forma è tendenzialmente sferica, nel nord del continente esse sono realizzate schiacciando e appiattendo l’impasto. 

    Insomma, ogni volta che gustate una vrasciola, indipendentemente dalla ricetta ad essa connessa, mangiate un pezzo di storia.

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